La socializzazione della stupidità attraverso i social media
L’idea che ci siano social media democratici sancisce l’infantilità e la superficialità di chi lo crede.
L’arrivo di X (ex Twitter) acquistato dal multi miliardario Elon Musk, ha fatto emergere l’idea che possano esistere social media democratici portatori di “verità” e non censurati.
Elon Musk, costantemente, come un lavaggio del cervello, insiste col suo post litania: “You are the media” (voi siete il mezzo di comunicazione).
Sebbene questo non sia un concetto inventato da Musk, in quanto il “passaparola” è sempre stato un mezzo di propagazione di qualsivoglia tipo di informazione, (dal pettegolezzo in poi), i media (ma non solo X) ne amplificano la portata esponenzialmente.
La Democrazia, oltre ad essere una idea creata per vendere il totalitarismo, nei social media non esiste assolutamente. Sono, infatti, gli algoritmi che decidono la rilevanza dei post pubblicati e, di conseguenza, la loro diffusione. Nulla è casuale (eccetto qualche possibile errore che sfugga al controllo degli algoritmi).
Gli algoritmi, oltre a selezionare ciò che fa comodo al proprietario del social media, favoriscono i contenuti che la massa desidera, e i creatori di “contenuti” più gettonati sono proprio coloro che alimentano i bias (pregiudizi) più forti presenti nella massa.
Difficilmente, ad esempio, troverete contenuti di chi predica il suicidio, perché “contrario alle policy dell’azienda”, che in questo caso si allineano con i modelli di pensiero della massa, e che, di conseguenza, non favorisce la diffusione democratica del libero pensiero.
La divulgazione del pensiero attraverso i social media segue, dunque, le direttive degli algoritmi che sono sottoposti alle regole dell’editore (prima di tutto) e di ciò che desidera la massa (in secondo luogo).
I “bias” principali su cui gli “influencer” fanno leva per diffondere le loro verità sono:
Il conformismo che può verificarsi in situazioni in cui, per essere accettati da un gruppo sociale, le persone tendono a concordare con le opinioni della maggioranza all’interno del gruppo, indipendentemente da ciò che potrebbero pensare individualmente.
Il pregiudizio di conferma che può verificarsi quando cerchiamo o diamo maggiore peso alle prove che confermano le nostre opinioni ed esperienze. Ciò può portare a un’osservazione selettiva e a non vedere o valutare le prove che contraddicono le nostre convinzioni.
Il pregiudizio di genere/”razza” che, come suggerisce il termine, si verifica quando le decisioni si basano su una preferenza per un genere/”razza” particolare, spesso basata su stereotipi e convinzioni radicate sui ruoli di genere/”razza”.
L’effetto alone che può introdurre distorsioni nel processo decisionale quando ci si concentra esclusivamente su una caratteristica positiva di un individuo e si ignora tutto il resto
L’effetto contrasto che può introdurre distorsioni quando i giudizi vengono formulati basandosi su un confronto tra persone anziché valutando le persone individualmente in base ai loro meriti.
Questi sono i capisaldi su i quali i “diffusori” di notizie agiscono per conquistare l’attenzione della massa e degli algoritmi.
E’ importante sottolineare che gli algoritmi imparano dalla reazione della folla (attraverso i “likes” e i commenti) rendendo sempre più precisa la previsione di aspettativa delle masse. In questo modo è sempre più facile offrire ciò che più alimenta i loro bias e la manipolazione della folla diventa estremamente semplice.
La Xenofobia, ad esempio, è terreno fertilissimo per le menti elementari. E’ un argomento che attecchisce velocemente. Per la politica prima di tutto e per chi vuole “followers” è facilissimo offrire alla massa un capro espiatorio universale a cui affibbiare le colpe delle proprie disgrazie e dei propri fallimenti.
L’immigrato ti soffia il lavoro, ti violenta, ruba etc.etc. Ricercare la fonte da cui derivano le problematiche sociali che, probabilmente, partono dalle politiche sbagliate, corruzione metastatica, burocrazie, sperperi e tassazioni opprimenti, è una azione troppo complessa da compiere per una mente semplice e incapace di ragionamenti analitici come quella della massa. Si, perché la massa diventa un organismo cerebrale elementare il cui pensiero può arrivare persino a divergere da quello dei componenti presi singolarmente.
Molto più semplice invece è avere impacchettata la causa dei loro problemi in un tizio di una nazionalità diversa perché sappiamo…le diversità non sono mai bene accolte dalla massa (e dai cervelli semplici in generale che tendono ad essere superficiali).
Ecco che i social media si trasformano in un evidenziatore della stupidità e della superficialità umana.
Video, notizie, foto… fuori contesto diventano virali semplicemente perché confermano e affermano ciò che un certo pubblico vuole.
Personaggi che 40 anni fa non sarebbero stai buoni nemmeno per zappare la terra, di colpo divengono idoli del pubblico perché capaci di trasmettere concetti e idee virali che convergono con i suoi “Bias” e la pochezza della loro mente si trasforma in uno specchio nel quale la massa si riconosce e, per questa ragione, li segue e li osanna.
La massa ha bisogno di conferme e premia chi gliele dà.
A questo si aggiunge un altro fenomeno. La gran maggioranza degli individui si ferma alla lettura di un titolo per commentare e non va oltre. Oltretutto quasi nessuno prima di condividere una notizia, una foto o un link si prende la briga di andare a verificare da più fonti la veridicità di quanto appreso.
Che la massa sia stupida è un fatto assodato e i social media sono la certificazione di quello che, ormai può essere considerato un assioma.
Quella che dunque sembra una democratizzazione dell’informazione non è che un altro tipo di manipolazione disinformativa che rende sempre più forte chi ha velleità totalitariste.
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